Racconti dalla Trincea – Tipi da Schlägerei

L’altro giorno è stata l’ennesima domenica passata a casa tentando di riprendermi dall’ennesimo nightshift del sabato notte.

I turni notturni si fanno ormai sempre più difficili e lunghi e, dato che per ora dalle mie parti sono frequenti gli Schützenfest (fiere tradizionali tedesche), i pazienti arrivano “a tinchitè” – termine siciliano che indica una quantità molto alta di cose o persone. In italiano standard si direbbe “un fottìo”.

Esempi di degenti del sabato notte:

  • Paziente morso dalla zecca:

non si sa dove, non si sa come, ma soprattutto non si sa perché, questo tipo di Homo Sapiens si presenta nelle ore più assurde per farsi togliere questo simpatico animaletto dagli incavi più strani del nostro corpo. Una volta un tipo non aveva di meglio da fare che mi ha aspettato per ORE proprio per farsi togliere la suddetta pulce nonostante fosse stato avvisato che sarei stato in sala operatoria per molto tempo. Si era portato perfino un libro da leggere e “salsicce in salamoia” (!).

Età e sesso di qualsiasi tipo, è il paziente più comune.

  • Lussazione di spalla o di anca:

Una delle patologie più frequenti; può essere traumatica o spontanea. Anche qui età o sesso sono molto vari.

  • Lussazione delle PROTESI di spalla o di anca:

Rara; colpisce gente sopra i 75 anni o in genere chi possiede già una protesi. La si riduce in sala operatoria e poi in genere la si sostituisce.

  • Le “frattura-lussazioni”:

Il Super Saiyan 3 delle lussazioni. Molto dolorose, devono subito essere ridotte nel giro di un’ora in sala. Spesso vengono installati dei fissatori esterni per stabilizzare meglio i vari pezzi ossei.

  • Lumbago:

cioè pazienti affetti da lombalgia cronica.

Frase tipica: “è da tre mesi che ho questo dolorino alla schiena. Dato che sono preoccupato e non ho niente da fare, ho chiamato l’ambulanza con medico del 118 annesso per farmi trasportare nel presidio ospedaliero più vicino per un controllino. Faccia presto però, stasera c’è la finale di Champions League e non me la vorrei perdere!”.

Non sapete quanto bisogno di autocontrollo ci vuole!

  • Tipi da Schlägerei:

Ovvero, i tipi usciti piuttosto malconci da una rissa. In genere hanno la testa e/o il viso feriti. Ubriachi marci, offrono tuttavia la possibilità di provare nuovi tipi di suture. O i colpi di Karate.

  • Commotio varie:

Le commozioni cerebrali sono all’ordine del giorno. In genere si dividono in:

– Pazienti anziani sotto terapia anticoagulante affetti da demenza e che si sospetta siano caduti accidentalmente dal letto.

– Pazienti molto alcolizzati, di cui non si sa quale sia stato il meccanismo dell’incidente.

– Pazienti che, dopo essere caduti, sono stati per un certo periodo incoscienti e/o hanno un’amnesia retrograda.

Tutte e tre le categorie di ricoverati di cui sopra vengono sottoposti al controllo TAC.

  • Caduta dal Trampolino:

È la causa più frequente di caduta da parte dei bambini tedeschi. Si va dal bambino precipitato da almeno 5 metri ma completamente illeso (!) a quello che semplicemente inciampando si presenta in Pronto Soccorso con le ossa del braccio completamente frantumate e/o escoriazioni sul resto del corpo o sul capo.

Dato il tipo di incidente e l’ora tarda, potete benissimo immaginare il mio desolato volto alla vista di quella bella piccola testolina pronta per essere rasata così da poter suturare con una certa maestria!

Gian Marco

Random act of Kindness

Ieri si è svolta la festa di addio (die Abschiedsfeier) ad un collega che ha terminato il suo ciclo lavorativo da noi e che si trasferirà nel primo ospedale in cui è stato per terminare la specializzazione.

È tutto nato assolutamente per caso: il collega mi aveva raccontato tempo fa che l’unico invito a mangiare fuori – in tanti anni vissuti in Germania – lo aveva ricevuto una volta sola da un collega cinese a Monaco!

Dopo aver sentito questa confidenza, ho subito deciso insieme agli altri colleghi di organizzare qualcosa. Niente di eccezionale, ma serviva a rendere l’addio per noi – e soprattutto per lui – meno amaro. Dopo due anni passati “in trincea” e averne viste di tutti i colori, credo che si meritasse di essere salutato in modo più che dignitoso.

In questo contesto, c’erano diverse condizioni personali:

  • Una collega di origine nepalese che quotidianamente in reparto fa sempre del suo meglio, ma tira sempre fino a tardi perché poi alla fine della giornata è a casa da sola;
  • Il collega greco, che ogni due fine settimana deve tornare a “casa” dalla compagna che non si vuole trasferire qui dove lui lavora. Quindi anche lui dal lunedì al venerdì è da solo;
  • L’infermiera mezza inglese e mezza tedesca che fa due lavori e perciò ha sempre pochissimo tempo da dedicare alla propria vita personale;

Da aggiungere poi alla lista ci sono altre circostanze che conosco e si possono così generalizzare:

  • ci sono molti colleghi che si sono sposati, ma che poi puntualizzano: “non sopravvalutiamo la cosa, l’ho fatto per motivi fiscali”(?);
  • ci sono quei colleghi che, con alti e bassi, gestiscono relazioni a distanza;
  • infine ci sono quelli che, siccome sono pieni di “turni no limits” e Nachtdienste, vivono la propria vita fra una guardia e un’altra perché poi a casa ci si va solo per mangiare e dormire.

Questo tipo di situazioni mi hanno fatto molto riflettere, soprattutto per capire in che tipo di società ci troviamo e verso dove ci stiamo proiettando.

Attualmente noto che ci sono diversi “giovani vecchi”, molto stressati e provati da una vita che li rende “soli” – nel senso stretto del termine, la solitudine è un’altra cosa – e la cosa drammatica è che ciò vale anche per chi si trova in una relazione o addirittura è sposato. Questo può portare ad un “imbruttimento”, ad una povertà d’animo e ad una sorta di nichilismo che ogni giorno osserviamo nella vita quotidiana (vedi la situazione No-Vax).

Nonostante tutto però sono fiducioso, specialmente quando nel quotidiano vedo dei gesti casuali di gentilezza che mi portano davvero a sperare bene!

Gian Marco

Racconti dalla Trincea – il vecchio Keglevich

Domenica, Spätdienst (15:30 – 08:00).

Senza aver avuto neppure un momento di pausa a causa dei vari pazienti che si sono schiantati in moto o in bici (qui è molto comune) verso le due arriva con il Rettungsdienst un paziente 80enne.

I colleghi paramedici ci sanno dire molto poco al riguardo: hanno ricevuto una segnalazione dai vicini che il signore era caduto battendo la testa e sono andati a prenderlo per portarlo da noi per accertamenti.

Di più non si sa.

Anzi, sì: il signor Keglevich (chi è esperto di alcolici, sa a che cosa mi riferisco) parla solo russo.

Dopo che i due colleghi se ne sono andati, comincio la solita routine: apro il programma di gestione sanitaria e comincio a visitare il paziente, mentre l’infermiera prova a misurare la temperatura e gli altri parametri vitali.

Il problema è che non solo il tipo parla russo, ma mena! E pure di brutto! E ha una fiatella alcolica che non vi dico!

Proviamo e riproviamo, ma il signor Keglevich non vuole farsi toccare da noi. Decide quindi di mettersi su un fianco e, di colpo, comincia a ronfare sonoramente.

Dato che siamo in periodo di guerra e non ho intenzione di rubare altro tempo ai pazienti che ho già e a quelli che possono arrivare, con solerzia cerchiamo e contattiamo il Betreur (“Tutore legale”) del signor Keglevich, cioè una figura incaricata dal tribunale che fa l’interesse del paziente. Può essere un parente o una persona del tutto estranea alla famiglia, il punto è che decide per lui.

In questo caso è il figlio: è lui che ha chiamato l’ambulanza avvisato dai vicini.

Gli chiediamo di venire immediatamente in pronto soccorso dato che non riusciamo a fare alcun tipo di manovra su suo padre.

Mentre lo aspettiamo, io e l’infermiera che ha il turno di notte con me cerchiamo di smaltire un po’ di roba burocratica di questo e di altri pazienti.

Nel frattempo ci sono state anche un paio di emergenze Covid, che comportano:

  1. Disinfezione personale
  2. Vestizione mia e dell’infermiera
  3. Visita e prelievo di sangue sull’ambulanza
  4. Svestizione
  5. Nuova disinfezione personale
  6. Prenotare al computer una TAC ai polmoni
  7. Inoltrare il paziente al reparto internistico, avvisando al contempo il collega di lì che ha il turno notturno.

Tempo totale: 40 minuti, se si è veloci e non ci sono problemi

Dopo aver finito di aver dimesso l’ennesimo ubriaco, cucito il braccio di un tipo che ha deciso di darsi al bricolage ed essere salito un momento in reparto per inserire un catetere venoso periferico in una paziente senza vene, si palesa finalmente Keglevich Junior.

Nemmeno lui sa cosa sia successo, era stato chiamato dai vicini a causa dei forti odori (!) e dal rumore della caduta.

Col suo aiuto riusciamo finalmente a prendere i parametri principali del padre e a visitarlo: è illeso, nemmeno una contusione o un banale bernoccolo. Probabilmente avrà solo bevuto molto e nell’andare in bagno si è accasciato e si è addormentato per terra (!!!).

Da protocollo, in caso di sospetta commozione cerebrale, il paziente dovrebbe rimanere in osservazione da noi per almeno 24 ore ed essere sottoposto ad altri controlli.

Dato però che:

  • Era completamente illeso e non prendeva anticoagulanti
  • Era abbastanza non cooperativo e molto aggressivo
  • Sia i viceprimari, sia soprattutto le infermiere del reparto non avrebbero voluto avere allettato un paziente simile (i primi per motivi economici e di spazio, le seconde per motivi di convivenza con gli altri pazienti)

dico a Keglevich Junior:

“Lei abita con suo padre?”

KJ: “Sì”

Io: “Bene. Stanotte rimanga con lui. LO SVEGLI OGNI ORA per controllare che stia bene. Se non nota problemi, ottimo. Se dovessero invece sorgere complicazioni di tipo neurologico ad esempio, contatti l’ambulanza e LO INVII AL CENTRO NEUROCHIRURGICO REGIONALE. Ha capito?”

KJ: “O-Ok!”

Firmo al volo la lettera di dimissioni e via, i Keglevich ritornano a casa.

L’infermiera di turno: “Stanotte hai salvato le vite di tutte noi! Cosa possiamo fare per sdebitarci?”

Io: “Le prossime tre ore vorrei dormire, qua per adesso ho finito”.

Lei: “Sarà fatto!”

Vado verso la stanza del chirurgo di guardia.

Entro, mi tolgo le scarpe.

Mi distendo.

Dopo 20 minuti, squilla un telefono. Non è però il mio.

È quello dell’altro collega chirurgico.

Sarà una lunga notte anche per lui.

Gian Marco

La prima notte: 8 suggerimenti per principianti

“Non c’è pace per i dannati”.

Questo è quello che dice il dr. Mark Greene al giovane dr. Carter, quando vedono arrivare l’ennesimo ricovero alle 5 del mattino.

Dopo più di vent’anni (ammazza come passa il tempo!) dalla prima puntata di quella serie culto anni ’90, devo ammettere che il dr. Greene aveva pienamente ragione. Non appena si finisce di scrivere un’anamnesi e pensi “mo’ vado un attimo al bagno”, si presenta subito un altro ricovero.

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Dato che ci siamo passati un po’ tutti ma alcuni hanno appena incominciato la specializzazione nelle terra di Jürgen “Pantegana bionda” Klinsmann, ho pensato di stilare una lista di suggerimenti che potrebbero essere utili.

  • Conoscere (i pazienti) e farsi conoscere (dal personale).

Una delle prime cose da fare è cercare di stabilire un buon rapporto con il personale sanitario. Sembra una banalità, invece è il perno di tutto il nostro lavoro in ospedale. Aiuta anche sapere chi è stato ricoverato recentemente, dato che il diensthabender Arzt (cioè il medico che ha il turno) molto spesso il giorno prima ha avuto il recupero. Quindi se, ad esempio, la paziente XY non riesce a dormire bene negli ultimi giorni e i medici dei turni precedenti le hanno sempre dato un determinato sonnifero a causa di particolari interazioni o controindicazioni, fatelo cortesemente notare all’infermiera del reparto, in modo che non vi chiami alle due e mezza del mattino facendovi allarmare per niente.

  • Il Piepser o “Telefonino della Morte”

Sarà il vostro nemico più odiato. Portatelo sempre con voi. Non smetterà di suonare. Durante la notte, un semplice squillo può sembrare una tromba infernale. Per fortuna si può regolare il volume.

Un episodio abbastanza significativo.

Un giorno venne assunto un giovane Facharzt (cioè un medico appena specializzato) e, siccome si porgeva in un modo abbastanza sgarbato anche per gli standard tedeschi, le infermiere gli fecero capire “come si sta al mondo”. Durante la prima notte di guardia, il povero malcapitato venne svegliato ad intervalli regolari di 20 minuti e per i motivi più assurdi.

Due giorni dopo si è scusato con tutto il personale.

  • Conoscere i numeri più importanti

In genere c’è sempre un elenco con i numeri di telefono “da sapere” in reparto. Se non c’è, createvelo.

Gli “Indispensabili”: Station, Zentral Notaufnahme, Radiologia, Internista e Anestesista di turno.

  • Avere ben chiara la “catena burocratica

Purtroppo cambia da reparto in reparto. Cercate di avere ben chiaro su come si possa richiedere un particolare tipo di esame (EKG, CT, usw.), dove si trovano i vari strumenti e a chi chiedere un particolare consulto. Arriverete al punto di comprendere perfettamente tutto il meccanismo, ma solo quando, improvvisamente, la direzione deciderà di semplificare la burocrazia, adottando nuovi moduli e programmi e gettandovi di nuovo nella confusione.

Che cosa dicevamo sui dannati?

  • Notizbuch e compendi

Annotatevi sul vostro taccuino le patologie e le emergenze più importanti in ordine di frequenza. Naturalmente allegateci anche le procedure diagnostiche e la dose dei farmaci. Credetemi, vi aiuterà tantissimo.

Di compendi ce ne sono decine e di tutti i gusti. I più usati sono i libri della serie Checklist, suddivise per singola specialità, ed i Klinikleitfaden della Elsevier.

  • Stabilire le priorità

Le emergenze non arrivano mai da sole, anzi spesso e volentieri si alternano momenti di fiacca a “catastrofi” vere e proprie. Cercate di mantenere la calma e di dare una priorità agli eventi, dando spazio ai pazienti che necessitano subito un vostro aiuto. Serve anche per non giocarvi la “carta Oberarzt” troppo presto!

  • “Nicht verzagen, Oberarzt fragen”

Ovvero “non avvilirsi, chiedete al medico capo”. All’inizio si è sempre insicuri e agitati, è del tutto normale, soprattutto all’inizio. L’importante è avere ben chiaro il quadro da presentare al vostro Ober e sapere cosa chiedere. Quest’ultima abilità vi verrà naturale con l’esperienza.

E un “cazziatone” scapperà prima o poi, quindi rassegnatevi.

Vi ho già detto dei dannati, giusto?

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  • Ultimo ma non per ultimo: pensate alla vostra salute

Il nostro è un lavoro che comporta una spesa non indifferente di energie fisiche e mentali.

Prima e dopo il turno dovete assolutamente riposarvi, non sapete se e quando vi potrete distendere in ospedale e non si sa se il giorno dopo c’è un turno da coprire.

Cercate di mangiare bene, di bere molto e di portarvi durante il turno qualcosa di leggero da sgranocchiare. Personalmente, se mangio “all’italiana”, mi sopraggiunge sempre una fase post- prandiale caratterizzata da un abbiocco assurdo e voglia di zibibbo.

Infine, il consiglio supremo è sempre lo stesso:

Per imparare qualcosa, bisogna farla!

Perciò alla domanda “Ma come si fa il turno di notte?” la risposta è “facendo la notte!!!”

Gian Marco

P.s.

P.s. “No rest for the wicked” è anche una splendida canzone di Lykke Li: