Racconti dalla Trincea + Diversità culturali – Chainsaw Man

Come si può evincere dal titolo, questa volta ho unito due rubriche in un unico articolo. Capirete subito perché.

Uno dei frequentatori più assidui che si vedono in pronto soccorso è il paziente che si è ferito con una sega elettrica.

Fra i principali hobby del tedesco (il genere è ininfluente) vi è quello di dilettarsi nel fai-da-te. Queste persone si trovano spesso da OBI, famosa azienda di Wermelskirchen specializzata nei settori del bricolage e del giardinaggio, dove non solo fanno incetta dei materiali ma anche e soprattutto degli attrezzi idonei.

Caratteristiche comuni di queste persone sono:

  • Un elevato grado di miopia;
  • L’assurda svogliatezza ad indossare dei guanti di protezione;
  • L’incredibile grado di accuratezza con la quale riescono a ricordarsi giorno, mese e anno dell’ultima antitetanica.

Dal punto di vista clinico, lamentano diverse ferite lacero-contuse a livello delle mani, più o meno profonde a seconda delle prime due caratteristiche sopracitate.

Può anche capitare che una o più dita siano completamente amputate: in questo caso si spera (e in genere è così) che il paziente si presenti con le dita mozzate in un sacchetto di ghiaccio.

Ovviamente, se il danno è grave – amputazione, o interessamento parziale dei nervi e/o dei tendini – il paziente viene trasferito al centro di chirurgia della mano più vicino.

Se il danno è lieve, le ferite vengono disinfettate, suturate e se ne segue il decorso.

Generalmente sono infortuni avuti in ambito privato, quindi il medico coinvolto è l’Hausarzt (il medico di famiglia).

Nel caso di un lavoratore, viene dirottato dal Durchgangarzt (detto anche “D-Arzt”, è medico dell’assicurazione infortunistica, in Italia sarebbe il medico che lavorano per l’INAIL), il quale documenta tutto nel rapporto dell’assicurazione contro gli infortuni e lo trasmette alla compagnia assicurativa.

Nota curiosa: secondo la “Berufsgenossenschaft” (L’INAIL tedesca), se il paziente ha fatto l’antitetanica ma non ha mostrato il pass vaccinale al medico che lo ha in cura, de facto il paziente è considerato “non vaccinato” e se ha un qualsiasi problema in relazione alla vaccinazione, il D-Arzt potrebbe essere chiamato a giudizio!

Gian Marco

Racconti dalla Trincea – Tipi da Schlägerei

L’altro giorno è stata l’ennesima domenica passata a casa tentando di riprendermi dall’ennesimo nightshift del sabato notte.

I turni notturni si fanno ormai sempre più difficili e lunghi e, dato che per ora dalle mie parti sono frequenti gli Schützenfest (fiere tradizionali tedesche), i pazienti arrivano “a tinchitè” – termine siciliano che indica una quantità molto alta di cose o persone. In italiano standard si direbbe “un fottìo”.

Esempi di degenti del sabato notte:

  • Paziente morso dalla zecca:

non si sa dove, non si sa come, ma soprattutto non si sa perché, questo tipo di Homo Sapiens si presenta nelle ore più assurde per farsi togliere questo simpatico animaletto dagli incavi più strani del nostro corpo. Una volta un tipo non aveva di meglio da fare che mi ha aspettato per ORE proprio per farsi togliere la suddetta pulce nonostante fosse stato avvisato che sarei stato in sala operatoria per molto tempo. Si era portato perfino un libro da leggere e “salsicce in salamoia” (!).

Età e sesso di qualsiasi tipo, è il paziente più comune.

  • Lussazione di spalla o di anca:

Una delle patologie più frequenti; può essere traumatica o spontanea. Anche qui età o sesso sono molto vari.

  • Lussazione delle PROTESI di spalla o di anca:

Rara; colpisce gente sopra i 75 anni o in genere chi possiede già una protesi. La si riduce in sala operatoria e poi in genere la si sostituisce.

  • Le “frattura-lussazioni”:

Il Super Saiyan 3 delle lussazioni. Molto dolorose, devono subito essere ridotte nel giro di un’ora in sala. Spesso vengono installati dei fissatori esterni per stabilizzare meglio i vari pezzi ossei.

  • Lumbago:

cioè pazienti affetti da lombalgia cronica.

Frase tipica: “è da tre mesi che ho questo dolorino alla schiena. Dato che sono preoccupato e non ho niente da fare, ho chiamato l’ambulanza con medico del 118 annesso per farmi trasportare nel presidio ospedaliero più vicino per un controllino. Faccia presto però, stasera c’è la finale di Champions League e non me la vorrei perdere!”.

Non sapete quanto bisogno di autocontrollo ci vuole!

  • Tipi da Schlägerei:

Ovvero, i tipi usciti piuttosto malconci da una rissa. In genere hanno la testa e/o il viso feriti. Ubriachi marci, offrono tuttavia la possibilità di provare nuovi tipi di suture. O i colpi di Karate.

  • Commotio varie:

Le commozioni cerebrali sono all’ordine del giorno. In genere si dividono in:

– Pazienti anziani sotto terapia anticoagulante affetti da demenza e che si sospetta siano caduti accidentalmente dal letto.

– Pazienti molto alcolizzati, di cui non si sa quale sia stato il meccanismo dell’incidente.

– Pazienti che, dopo essere caduti, sono stati per un certo periodo incoscienti e/o hanno un’amnesia retrograda.

Tutte e tre le categorie di ricoverati di cui sopra vengono sottoposti al controllo TAC.

  • Caduta dal Trampolino:

È la causa più frequente di caduta da parte dei bambini tedeschi. Si va dal bambino precipitato da almeno 5 metri ma completamente illeso (!) a quello che semplicemente inciampando si presenta in Pronto Soccorso con le ossa del braccio completamente frantumate e/o escoriazioni sul resto del corpo o sul capo.

Dato il tipo di incidente e l’ora tarda, potete benissimo immaginare il mio desolato volto alla vista di quella bella piccola testolina pronta per essere rasata così da poter suturare con una certa maestria!

Gian Marco

Racconti dalla Trincea – Saturday Night Never

Sabato, turno notturno “alla tedesca” (15:30 – 08:00)

I turni notturni nel periodo Covid sono stati stressanti in quanto si è avuto a che fare proprio con la bestia maledetta ma, dato che fino a qualche settimana fa c’è stato il coprifuoco e quindi i pazienti venivano in PS solo per le gravi emergenze, il lavoro bene o male procedeva.

Adesso, con le prime aperture e l’abolizione del coprifuoco, il Notaufnahme è diventato un porto di mare.

Intendiamoci, il pronto soccorso un porto lo è sempre stato, solo che con questa Pandemia e con i rigidi divieti imposti dai governi, la gente ha perso pian piano la ragione e ora non appena vede uno spiraglio di apertura vi si getta a capofitto.

Un esempio è il signor Mutanden che proprio un sabato ha deciso di: ubriacarsi a più non posso, ritornare fino a casa in bici per la strada statale (!), aprire la porta, scivolare, battere la testa e risvegliarsi nel nostro Triage ricoperto di vomito e altri tipi di fluidi più o meno densi e “profumati” provenienti dal suo corpo.

Naturalmente, il signor Mutanden, espletati i dovuti accertamenti, voleva andarsene a casa, ma giacché barcollava ancora, gli abbiamo detto che sarebbe stato più opportuno se si fosse fatto una bella endovenosa di soluzione fisiologica prima di andare via. Opponendosi pure a questa soluzione, gli abbiamo posto un ultimatum: “o si beve queste due belle bottiglie di acqua o altrimenti da qui non esce”. 

Con stoica e caparbia cocciutaggine, ha cominciato a bere quell’acqua con la stessa voglia di un condannato a morte sul patibolo. Ovviamente ha fatto tanta “plin plin” poco fuori l’ospedale (?) prima di andarsene definitivamente.

Un altro esempio è la giovane Kimberly che, a seguito di un lunghissimo litigio col suo ragazzo, nel modo di uscire di casa è inciampata da sola e, dopo essere stata visitata ed avere ricevuto i risultati delle radiografie, scopre di essersi distrutta entrambe le caviglie (!). Prospettandole un probabile intervento ad almeno una delle due gambe, mi chiede se sentirà qualcosa durante l’operazione e io le rispondo che, durante la battaglia di Waterloo, un medico francese ha amputato la gamba di un soldato nell’incredibile tempo di 90 secondi netti.  

Dominique-Jean Larrey, medico francese che servì come capo chirurgo nell’esercito francese.

Mi guarda fisso per 10 secondi, poi scoppia a ridere. La mia faccia però rimane seria…se nun ce se diverte a lavoro, la vita diventa na galera!

Gian Marco

Racconti dalla Trincea – I turni “No Limits”

La Vestfalia viene considerata un po’ come la Lombardia tedesca: Land molto ricco, tantissime opportunità di lavoro, chi viene dal di fuori è un “giargiana”!

In questo senso anche il ritmo lavorativo è molto lombardo.

Come vi avevo già accennato, nel mio ospedale abbiamo un tipo di guardia che consiste nel lavorare 12 ore (08:00 – 20:30) per quattro giorni consecutivi (48 ore lavoro netti), seguiti poi da tre giorni di “Day Off”.
Se questa guardia, ad esempio, cade fra lunedì e giovedì, il carico di lavoro almeno fino alle 16 è dimezzato perché ci sono anche gli altri colleghi traumatologici del turno normale. Alle 15:30 poi monta il Kollege che fa la notte e in più c’è l’altro medico di guardia che fa il turno di 24 ore per le altre branche chirurgiche (generale/viscerale, toracica, urologica).
Quindi non si è mai da soli. In teoria.
Se invece questa guardia cade fra venerdì e lunedì, come per puro caso è capitato a me lo scorso weekend, ecco che il carico di lavoro almeno raddoppia, perché dal mattino fino a che non arriva il collega del turno di notte si è da soli e occorre:

  • fare prelievi (le infermiere in Germania non possono fare “manovre invasive”, tranne le infermiere specializzate, che lavorano solo dal lunedì al venerdì);
  • cambiare i bendaggi;
  • inserire ago cannule e cambiare il piano terapeutico;
  • parlare con gli eventuali parenti dei pazienti (al telefono o di persona);
  • ultimo ma non ultimo, occuparsi del Pronto Soccorso, il fronte vero e proprio.
    Inoltre qui bisogna occuparsi, nel weekend:
  • del reparto di pre-riabilitazione (vi vengono spediti i pazienti qualche giorno dopo essere stati operati per iniziare la riabilitazione);
  • del reparto periferico (si tratta di pazienti che sono “per metà” traumatologici e perciò sono dislocati su altri piani per gestire al meglio le loro altre comorbidità);
  • di consulenze di vario tipo da parte di altri reparti o ospedali;
  • Varie ed eventuali.

È proprio su quest’ultimo punto che vorrei concentrarmi.

Alpinismo e Medicina hanno vari punti in comune

Le mie “Varie ed eventuali” di questo weekend sono state:

  • Parlare con i parenti di una paziente privata i quali, siccome avevano letto su Google di un nuovo tipo di sistema terapeutico per gestire il dolore, mi hanno “ordinato” (!) di cambiare l’organizzazione generale delle medicine (?). Sui pazienti privati e sui loro dolcissimi parenti dedicherò un post a parte.
  • Persone di qualsiasi età che cadono in qualsiasi maniera e in qualsiasi modo in qualunque momento del giorno o della notte e sbattono al 90% la testa. Ma dove vanno se è tutto chiuso e piove sempre?
  • Ustioni di vario genere su pazienti di ogni età, con annesso trovare un centro ustioni, chiedere se cortesemente hanno un letto libero e, previa conferma, trasferire il paziente in elicottero, cosa possibile SE, E SOLO SE, il paziente ha un ago cannula.
  • Il collega del turno di 24 ore (generale, toracico, urologico…vi ricordate?) è stato avvisato dal padre di un compagnetto del figlio che nel suo asilo è stato riscontrato un bambino positivo. Di conseguenza il collega ha fatto il tampone (anche al figlio) e nell’attesa del risultato non poteva fare nulla. Ergo, dovevo occuparmi io dei suoi pazienti. Dopo quattro ore di attesa in cui si è scoperto che sia lui che il figlio erano negativi, si è chiuso in sala operatoria per altre quattro ore. Potete immaginare il mio stato d’animo.
  • Leggere ad alta voce il referto radiologico di un paziente che era stato ricoverato da noi ma che in quel momento aveva avuto un incidente grave con la moto ed era stato ricoverato in un ospedale dall’altra parte della Germania dove né la risonanza né la TAC funzionavano bene. Allo stesso tempo l’Arzthelferin mi avvisava che nel giro di 10 minuti sarebbero arrivati due politraumi e che dovevo attivare lo Schockraum.
  • Lussazioni di Anca in paziente giovanissima, con annesso scazzo fra anestesista e infermiera sui moduli da stampare e scazzo fra le infermiere stesse su chi mi doveva assistere per i raggi post-riposizione (?).
  • Gli inesorabili ricoveri a fine turno. Con “inesorabili” ho già detto tutto!!!

P.s. sì, la verità è che sono anch’io un po’ imbruttito:

A presto,
Gian Marco

Racconti dalla Trincea – La Sposa, il Bambino, il Ladro

Spätdienst (15:30 – 08:00)

Come sempre, i turni di notte sono costantemente pieni di sorprese.

Musiche di Ennio Morricone

Durante un normale turno, dato che c’era un momento di tranquillità, stavo ammazzando il tempo portandomi avanti nella scrittura delle lettere di dimissioni (anche se per adesso lavoro fisso al pronto soccorso, le lettere da scrivere sono sempre divise fra tutti gli specializzandi).

All’improvviso sono entrate tre infermiere che scortavano una donna con un bambino in braccio: il piccolino si era scottato la mano in seguito al contatto con una “piastra da fonduta”.

Ovviamente lo abbiamo subito soccorso e solo dopo abbiamo chiesto delucidazioni. Domandandole infatti per quale motivo avesse usato una piastra di sabato pomeriggio ad agosto, la madre mi ha risposto che si trovavano nel momento di servire la fonduta durante un matrimonio.

Guardandola bene, la donna aveva indosso un abito nuziale, molto bello nella sua semplicità. Talmente semplice che nessuno si era accorto che fosse Lei la Sposa! Le abbiamo fatto ovviamente gli auguri e, rincuorandola con il dire che la scottatura del bambino era molto superficiale, se ne è andata con la stessa velocità con cui era arrivata!

Capita sovente, soprattutto durante il weekend, di avere a che fare con pazienti ubriachi, di qualsiasi età, nazionalità e sesso. Recentemente uno di questi, un tipo trovato in stato di semi incoscienza davanti ad una banca della città in cui lavoro, viene portato in pronto soccorso dall’ambulanza. Dato che parla arabo, l’infermiera addetta al triage decide che ad occuparsi di lui sia un altro mio collega piuttosto che io.

Passa una mezz’ora.

Mentre io sto visitando un paziente, questo collega entra trafelato nella saletta:

“Hai visto per caso il paziente che è stato portato qui poco qua con il Krankenwagen??”

Io: “No, sono stato sempre qui a fare le visite. Che è successo?”

Lui: “È scappato! L’ho visitato, gli ho inserito un ago cannula per dargli un po’ di fluidi e, dopo aver scritto la lettera, sono uscito dalla saletta perché un’infermiera mi ha chiamato. Mentre parlavo con lei, mi sono tastato e non avevo più addosso il mio smartphone. Ritorno in stanza e non solo non trovo il paziente ma neanche il mio telefonino! Ho tutti i miei contatti lì !!! Come faccio adesso??”

Mi congedo dal paziente che ho appena terminato di visitare e, esaminando di nuovo i fatti, ci dividiamo i compiti: lui chiama la sicurezza interna e la polizia, io invece “seguo le tracce”.

Per fortuna, quando un paziente arriva in ambulanza, i paramedici lasciano sempre un “Einsatz- und Reanimationsprotokoll”, cioè un documento su cui scrivono i dati del paziente, le modalità di soccorso, una breve anamnesi e le sue condizioni.

Subito noto che su questo foglio è riportato sia il suo domicilio che il luogo in cui è stato ritrovato. Usando Google Maps, io e il mio collega consideriamo che entrambi i luoghi sono vicini all’ospedale. Io che sono sul punto di “smontare”, data l’importanza della questione, mi offro di rimanere un po’ di più per coprire il Pronto Soccorso, mentre lui va a cercare il malcapitato.

Finale: il paziente non viene ritrovato (chissà dove si sarà cacciato), ma nel suo domicilio il collega scopre diversa refurtiva, tra cui il suo telefonino.

Homo homini lupus!

Gian Marco

Racconti dalla Trincea – Ein, zwei…Polizei!

Frühdienst (8 – 20:30)

Il mio ospedale prevede un particolare turno di 4 giorni consecutivi, in cui si deve stare in servizio dalle 8 di mattina alle 20:30 di sera, seguiti poi da tre giorni di riposo. Se questo turno cade, ad esempio, dal lunedì al giovedì, non è così pesante perché fino alle 16 ci sono gli altri medici, lo Chef e gli altri Oberarzt e quindi il carico di lavoro è più leggero.

Viceversa, se questo Dienst avviene nel weekend, si passerà la maggior parte della giornata da soli e ci si dovrà occupare non solo del proprio reparto, ma anche degli altri reparti chirurgici e non. Naturalmente ci sono i colleghi delle altre discipline di guardia (Neuro, Gineco, Ch. Generale, Toracica, Urologia, etc.), perciò ognuno di noi ha un reparto internistico a cui badare, ma dato che il 90% dei pazienti che arrivano in Notaufnahme sono traumatologici il grosso del lavoro spetta a me.

Come sempre, il Pronto Soccorso è un porto di mare.

Dove vivo io, la bicicletta è un “must have”…bravo chi li capisce!

Uno dei casi più curiosi mi è capitato di sabato pomeriggio. Un tipo, dopo aver partecipato ad un Corona Party – qui molto in voga – e aver bevuto praticamente la qualsiasi, ha avuto la geniale idea di mettersi in sella alla sua bici e di farsi una sessantina di Km in autostrada (?) dove, in un momento di sonnolenza, è andato a sbattere sul guard rail e a cadere al di fuori della carreggiata.

Arriva da noi quindi ancora completamente sbronzo, sporco dalla testa ai piedi a causa del pantano in cui è caduto e con una piccola ferita lacero-contusa su di un sopracciglio.

Insieme alla polizia, cerchiamo di risalire alla sua identità (il portafogli era rimasto in Autobahn) e di dargli una ripulita. Nel suo zainetto viene ritrovato un kit per farsi le canne e altra roba di tipo psicotropo.

Non appena la Polizei se ne va, cominciamo a disinfettare la ferita e a preparare il materiale di sutura.

Ad un certo punto, il paziente sostiene di avvertire una musica in lontananza. Noi, dopo aver prestato un attimo ascolto, gli diciamo di non sentire nulla, ma lui continua ad insistere.

Pian piano, anche noi percepiamo qualcosa: proviene dallo zaino.

Aprendolo, troviamo un altoparlante wireless, che scopriamo poi essere collegato allo Spotify del suo smartphone. Improvvisamente, il paziente ha un brevissimo momento di lucidità nel quale, in ordine:

  • Mette al massimo il volume del cellulare e, di conseguenza, dell’altoparlante;
  • Si mette in piedi sul lettino e inizia a ballare al ritmo di quella nenia;
  • Dopo due movimenti di anca-bacino, vomita a spruzzo tutto quello che ha nello stomaco;
  • Svuotato, dice di avere sonno e si mette a dormire sul lettino.

Fortunatamente riusciamo a schivare quella “fontana di schifo”, come la definisce un’infermiera, e a suturare la ferita il prima possibile, prima che il tipo si possa risvegliare.

P.s. a causa del tasso alcolico altissimo, è stato ricoverato da noi per un giorno in osservazione. È ritornato a casa a piedi (?).

P.p.s. la canzone dell’altoparlante era proprio “Eins, Zwei, Polizei” di MO-DO, al secolo Fabio Frittelli, tormentone dell’estate del 1994:

Gian Marco

Racconti dalla Trincea – I figli… so’ pezzi ‘e core

Domenica, Spätdienst (15:30 – 08:00). Come sempre, ultimamente.

Appena monto, mi accorgo subito che non è una bella giornata: ci sono tre pazienti che devono essere dimessi, ma nessuno dei miei colleghi ha scritto le Entlassungsbriefe.

Mi metto subito al lavoro e, non appena ho ultimato di stampare le suddette lettere, vengo chiamato in ZNA (“Zentrale Notaufnahme”, cioè il Pronto Soccorso).

Ultimamente i pazienti sono molti di più, complice il parziale “liberi tutti” da parte del governo tedesco.

Devo dire che sono anche diminuiti i pazienti con sintomi riconducibili al Coronavirus, anche se si devono ancora vedere gli effetti del post “Lockdown” anche qui. Staremo a vedere.

In ogni caso, si lavora come sempre senza sosta fino alle 23, allorché riesco ad andare nella stanza di guardia per lavarmi la faccia e rifocillarmi un po’.

Tutto tranquillo fino alle due e trenta, quando vengo chiamato per un “bambino con dolori al braccio”.

Mi rimetto velocemente il camice e nel frattempo il mio sistema nervoso/sistema operativo si riavvia dopo aver dormito mezz’ora scarsa (le infermiere del reparto chiamano sempre e per qualsiasi cosa!).

Entro nella stanza ortopedica e mi sento spiazzato.

Bambino (Bud Spencer) mentre fa il bagno (“Continuavano a chiamarlo Trinità”, 1971)

Il “bambino” era un omone di 2 metri e di circa 30 anni, affetto da autismo e con un braccio spastico a causa di una vecchia lesione. È accompagnato dalla madre, che in confronto a lui sembra una donnina piccolissima.

Proprio lei mi racconta cos’è successo: tutta la sera suo figlio aveva fatto i capricci nel non andare a dormire perché aveva proprio dolore al braccio lesionato.

Facendomi aiutare da lei e dall’infermiera, riusciamo a circoscrivere il dolore alla mano, in particolare proprio alla base. Nonostante la visita e noi persone estranee, l’Omone è molto collaborativo.

Dopo diverse prove e manovre, la parte interessata non risulta dolorante alla pressione o alla percussione.

La madre è basita, perché certa di quello che diceva, ma anche lei ha dovuto constatare il fatto che il figlio non avesse alcunché.

“Senza sapere né leggere né scrivere”, come diciamo da noi in Sicilia, faccio comunque un bendaggio con pomata. Nel mentre l’infermiera di turno, sicuramente troppo stanca e non avendo dormito, ammonisce in maniera un po’ pesante la madre, sostenendo che queste non sono emergenze, che era evidente che il figlio stava facendo i capricci e che in ogni caso poteva aspettare fino all’indomani dove erano presenti tutti i medici, dal Primario in giù.

A quelle parole la madre si sente tremendamente imbarazzata e si mette a piangere.

Ammonendo con lo sguardo l’infermiera, mi avvicino alla signora e le dico: “non si preoccupi, lei non lo poteva sapere, probabilmente suo figlio ha avuto un incubo riguardo l’incidente che ha subito e lei, avendo il dubbio che potesse essere un’altra complicazione, giustamente l’ha portato qui. Per me, quando un problema riguarda i figli, è sempre un’emergenza”.

Allora lei mi guarda e mi rivolge un sorriso “da madre”, uno di quelli che ti scioglie il cuore.

L’infermiera stressata si scusa immediatamente con lei per le parole e il tono usato, ma la madre, da vera signora, la interrompe, dicendo di capire che cosa intendesse dire prima.

Poi ci saluta con affetto e prende sottobraccio il figlio; così ritornano a casa, sperando – credo – che questa volta il suo Omone possa dormire sonni tranquilli.

P.S. ovviamente, in seguito al mio “Sguardo Ammonente”, non vengo più chiamato dalla suddetta infermiera e riesco finalmente a dormire un paio d’ore! 😊 Siccome però “non c’è pace per i dannati”, la notte di veglia continua.

Gian Marco

Racconti dalla Trincea – i pazienti internistici visti da un chirurgo

In queste ultime settimane “in trincea” ne succedono di tutti i colori: colleghi che si danno malati, che si mettono in paternità o, peggio, che si licenziano; operazioni posticipate o annullate causa Coronavirus; discussioni su “chi” deve fare “cosa” e “come” fra primari, medici e infermieri.

In pratica c’è letteralmente qualcuno o qualcosa da coprire, come un collega o un Dienst, e questo crea sempre malumore già nelle vere truppe militari.

Per fortuna io, di mio, sono ottimista per natura e vado avanti spedito!

Siccome sono fortunato, mi è toccato il mega turno del primo maggio fino al lunedì: in pratica tornavo a casa solo per dormire.

In generale è stato un tempo lungo ma tranquillo: causa i nuovi regolamenti teutonici, c’era davvero poca gente per le strade e questo per me come traumatologo vuol dire molti meno incidenti di auto o moto.

Tuttavia, causa licenziamenti di massa, mi sono dovuto occupare anche dei pazienti internistici.

Come avevo già accennato, molti colleghi di Innere Medizin se ne sono andati a causa di contrasti con il loro Chef, di conseguenza il loro pronto soccorso è stato spostato nel nostro presidio che è prettamente chirurgico.

Dal lunedì al venerdì, dalle 07:30 fino alle 23:30 abbiamo il supporto di un collega internista (uno dei pochi rimasti). Dalle 23:30 in poi dobbiamo occuparci noi chirurghi di questi pazienti internistici e, se abbiamo problemi o dubbi, chiamare il “medico di supporto” (Hintergrunddienst).

La mattina di sabato, domenica e festivi (solo mattina) il chirurgo di guardia è completamente solo, si deve occupare del proprio reparto e del pronto soccorso sia chirurgico che internistico.

Come avrete capito, c’è stato un bel po’ di lavoro da fare.

I pazienti “internistici tipo” dei festivi e dei weekend sono:

  1. Persone con intossicazione acuta da alcool;
  2. Persona con ferite multiple (pz ubriaco ha percorso 20 km di autostrada in bici di notte, arriva da noi e riempie Raum 4 di un indefinito cibo etnico);
  3. Tachiaritmia di origine non chiara (se va bene, è indigestione, se va male è una fibrillazione atriale che va cardiovertita subito);
  4. Attacchi di panico di qualsiasi natura (?);
  5. Debolezza generale dovuti ad alta o bassa pressione del sangue (in sostanza gente che, al ritorno da una grigliata, volevano capire se avevano avuto un infarto o un’angina o avevano solo dimenticato di prendere le medicine);
  6. Infarti acuti del miocardio (quelli veri, duri e crudi);
  7. Sincopi di varia origine (cardiaca, da denutrizione, da disidratazione, da deglutizione).

Insomma, posso dire di non essermi annoiato questo weekend.

Prossimamente cercherò di raccontare in dettaglio qualche episodio divertente!

Gian Marco

Racconti dalla Trincea – il vecchio Keglevich

Domenica, Spätdienst (15:30 – 08:00).

Senza aver avuto neppure un momento di pausa a causa dei vari pazienti che si sono schiantati in moto o in bici (qui è molto comune) verso le due arriva con il Rettungsdienst un paziente 80enne.

I colleghi paramedici ci sanno dire molto poco al riguardo: hanno ricevuto una segnalazione dai vicini che il signore era caduto battendo la testa e sono andati a prenderlo per portarlo da noi per accertamenti.

Di più non si sa.

Anzi, sì: il signor Keglevich (chi è esperto di alcolici, sa a che cosa mi riferisco) parla solo russo.

Dopo che i due colleghi se ne sono andati, comincio la solita routine: apro il programma di gestione sanitaria e comincio a visitare il paziente, mentre l’infermiera prova a misurare la temperatura e gli altri parametri vitali.

Il problema è che non solo il tipo parla russo, ma mena! E pure di brutto! E ha una fiatella alcolica che non vi dico!

Proviamo e riproviamo, ma il signor Keglevich non vuole farsi toccare da noi. Decide quindi di mettersi su un fianco e, di colpo, comincia a ronfare sonoramente.

Dato che siamo in periodo di guerra e non ho intenzione di rubare altro tempo ai pazienti che ho già e a quelli che possono arrivare, con solerzia cerchiamo e contattiamo il Betreur (“Tutore legale”) del signor Keglevich, cioè una figura incaricata dal tribunale che fa l’interesse del paziente. Può essere un parente o una persona del tutto estranea alla famiglia, il punto è che decide per lui.

In questo caso è il figlio: è lui che ha chiamato l’ambulanza avvisato dai vicini.

Gli chiediamo di venire immediatamente in pronto soccorso dato che non riusciamo a fare alcun tipo di manovra su suo padre.

Mentre lo aspettiamo, io e l’infermiera che ha il turno di notte con me cerchiamo di smaltire un po’ di roba burocratica di questo e di altri pazienti.

Nel frattempo ci sono state anche un paio di emergenze Covid, che comportano:

  1. Disinfezione personale
  2. Vestizione mia e dell’infermiera
  3. Visita e prelievo di sangue sull’ambulanza
  4. Svestizione
  5. Nuova disinfezione personale
  6. Prenotare al computer una TAC ai polmoni
  7. Inoltrare il paziente al reparto internistico, avvisando al contempo il collega di lì che ha il turno notturno.

Tempo totale: 40 minuti, se si è veloci e non ci sono problemi

Dopo aver finito di aver dimesso l’ennesimo ubriaco, cucito il braccio di un tipo che ha deciso di darsi al bricolage ed essere salito un momento in reparto per inserire un catetere venoso periferico in una paziente senza vene, si palesa finalmente Keglevich Junior.

Nemmeno lui sa cosa sia successo, era stato chiamato dai vicini a causa dei forti odori (!) e dal rumore della caduta.

Col suo aiuto riusciamo finalmente a prendere i parametri principali del padre e a visitarlo: è illeso, nemmeno una contusione o un banale bernoccolo. Probabilmente avrà solo bevuto molto e nell’andare in bagno si è accasciato e si è addormentato per terra (!!!).

Da protocollo, in caso di sospetta commozione cerebrale, il paziente dovrebbe rimanere in osservazione da noi per almeno 24 ore ed essere sottoposto ad altri controlli.

Dato però che:

  • Era completamente illeso e non prendeva anticoagulanti
  • Era abbastanza non cooperativo e molto aggressivo
  • Sia i viceprimari, sia soprattutto le infermiere del reparto non avrebbero voluto avere allettato un paziente simile (i primi per motivi economici e di spazio, le seconde per motivi di convivenza con gli altri pazienti)

dico a Keglevich Junior:

“Lei abita con suo padre?”

KJ: “Sì”

Io: “Bene. Stanotte rimanga con lui. LO SVEGLI OGNI ORA per controllare che stia bene. Se non nota problemi, ottimo. Se dovessero invece sorgere complicazioni di tipo neurologico ad esempio, contatti l’ambulanza e LO INVII AL CENTRO NEUROCHIRURGICO REGIONALE. Ha capito?”

KJ: “O-Ok!”

Firmo al volo la lettera di dimissioni e via, i Keglevich ritornano a casa.

L’infermiera di turno: “Stanotte hai salvato le vite di tutte noi! Cosa possiamo fare per sdebitarci?”

Io: “Le prossime tre ore vorrei dormire, qua per adesso ho finito”.

Lei: “Sarà fatto!”

Vado verso la stanza del chirurgo di guardia.

Entro, mi tolgo le scarpe.

Mi distendo.

Dopo 20 minuti, squilla un telefono. Non è però il mio.

È quello dell’altro collega chirurgico.

Sarà una lunga notte anche per lui.

Gian Marco