Racconti dalla Trincea – Tipi da Schlägerei

L’altro giorno è stata l’ennesima domenica passata a casa tentando di riprendermi dall’ennesimo nightshift del sabato notte.

I turni notturni si fanno ormai sempre più difficili e lunghi e, dato che per ora dalle mie parti sono frequenti gli Schützenfest (fiere tradizionali tedesche), i pazienti arrivano “a tinchitè” – termine siciliano che indica una quantità molto alta di cose o persone. In italiano standard si direbbe “un fottìo”.

Esempi di degenti del sabato notte:

  • Paziente morso dalla zecca:

non si sa dove, non si sa come, ma soprattutto non si sa perché, questo tipo di Homo Sapiens si presenta nelle ore più assurde per farsi togliere questo simpatico animaletto dagli incavi più strani del nostro corpo. Una volta un tipo non aveva di meglio da fare che mi ha aspettato per ORE proprio per farsi togliere la suddetta pulce nonostante fosse stato avvisato che sarei stato in sala operatoria per molto tempo. Si era portato perfino un libro da leggere e “salsicce in salamoia” (!).

Età e sesso di qualsiasi tipo, è il paziente più comune.

  • Lussazione di spalla o di anca:

Una delle patologie più frequenti; può essere traumatica o spontanea. Anche qui età o sesso sono molto vari.

  • Lussazione delle PROTESI di spalla o di anca:

Rara; colpisce gente sopra i 75 anni o in genere chi possiede già una protesi. La si riduce in sala operatoria e poi in genere la si sostituisce.

  • Le “frattura-lussazioni”:

Il Super Saiyan 3 delle lussazioni. Molto dolorose, devono subito essere ridotte nel giro di un’ora in sala. Spesso vengono installati dei fissatori esterni per stabilizzare meglio i vari pezzi ossei.

  • Lumbago:

cioè pazienti affetti da lombalgia cronica.

Frase tipica: “è da tre mesi che ho questo dolorino alla schiena. Dato che sono preoccupato e non ho niente da fare, ho chiamato l’ambulanza con medico del 118 annesso per farmi trasportare nel presidio ospedaliero più vicino per un controllino. Faccia presto però, stasera c’è la finale di Champions League e non me la vorrei perdere!”.

Non sapete quanto bisogno di autocontrollo ci vuole!

  • Tipi da Schlägerei:

Ovvero, i tipi usciti piuttosto malconci da una rissa. In genere hanno la testa e/o il viso feriti. Ubriachi marci, offrono tuttavia la possibilità di provare nuovi tipi di suture. O i colpi di Karate.

  • Commotio varie:

Le commozioni cerebrali sono all’ordine del giorno. In genere si dividono in:

– Pazienti anziani sotto terapia anticoagulante affetti da demenza e che si sospetta siano caduti accidentalmente dal letto.

– Pazienti molto alcolizzati, di cui non si sa quale sia stato il meccanismo dell’incidente.

– Pazienti che, dopo essere caduti, sono stati per un certo periodo incoscienti e/o hanno un’amnesia retrograda.

Tutte e tre le categorie di ricoverati di cui sopra vengono sottoposti al controllo TAC.

  • Caduta dal Trampolino:

È la causa più frequente di caduta da parte dei bambini tedeschi. Si va dal bambino precipitato da almeno 5 metri ma completamente illeso (!) a quello che semplicemente inciampando si presenta in Pronto Soccorso con le ossa del braccio completamente frantumate e/o escoriazioni sul resto del corpo o sul capo.

Dato il tipo di incidente e l’ora tarda, potete benissimo immaginare il mio desolato volto alla vista di quella bella piccola testolina pronta per essere rasata così da poter suturare con una certa maestria!

Gian Marco

Racconti dalla Trincea – Saturday Night Never

Sabato, turno notturno “alla tedesca” (15:30 – 08:00)

I turni notturni nel periodo Covid sono stati stressanti in quanto si è avuto a che fare proprio con la bestia maledetta ma, dato che fino a qualche settimana fa c’è stato il coprifuoco e quindi i pazienti venivano in PS solo per le gravi emergenze, il lavoro bene o male procedeva.

Adesso, con le prime aperture e l’abolizione del coprifuoco, il Notaufnahme è diventato un porto di mare.

Intendiamoci, il pronto soccorso un porto lo è sempre stato, solo che con questa Pandemia e con i rigidi divieti imposti dai governi, la gente ha perso pian piano la ragione e ora non appena vede uno spiraglio di apertura vi si getta a capofitto.

Un esempio è il signor Mutanden che proprio un sabato ha deciso di: ubriacarsi a più non posso, ritornare fino a casa in bici per la strada statale (!), aprire la porta, scivolare, battere la testa e risvegliarsi nel nostro Triage ricoperto di vomito e altri tipi di fluidi più o meno densi e “profumati” provenienti dal suo corpo.

Naturalmente, il signor Mutanden, espletati i dovuti accertamenti, voleva andarsene a casa, ma giacché barcollava ancora, gli abbiamo detto che sarebbe stato più opportuno se si fosse fatto una bella endovenosa di soluzione fisiologica prima di andare via. Opponendosi pure a questa soluzione, gli abbiamo posto un ultimatum: “o si beve queste due belle bottiglie di acqua o altrimenti da qui non esce”. 

Con stoica e caparbia cocciutaggine, ha cominciato a bere quell’acqua con la stessa voglia di un condannato a morte sul patibolo. Ovviamente ha fatto tanta “plin plin” poco fuori l’ospedale (?) prima di andarsene definitivamente.

Un altro esempio è la giovane Kimberly che, a seguito di un lunghissimo litigio col suo ragazzo, nel modo di uscire di casa è inciampata da sola e, dopo essere stata visitata ed avere ricevuto i risultati delle radiografie, scopre di essersi distrutta entrambe le caviglie (!). Prospettandole un probabile intervento ad almeno una delle due gambe, mi chiede se sentirà qualcosa durante l’operazione e io le rispondo che, durante la battaglia di Waterloo, un medico francese ha amputato la gamba di un soldato nell’incredibile tempo di 90 secondi netti.  

Dominique-Jean Larrey, medico francese che servì come capo chirurgo nell’esercito francese.

Mi guarda fisso per 10 secondi, poi scoppia a ridere. La mia faccia però rimane seria…se nun ce se diverte a lavoro, la vita diventa na galera!

Gian Marco

Racconti dalla Trincea – I turni “No Limits”

La Vestfalia viene considerata un po’ come la Lombardia tedesca: Land molto ricco, tantissime opportunità di lavoro, chi viene dal di fuori è un “giargiana”!

In questo senso anche il ritmo lavorativo è molto lombardo.

Come vi avevo già accennato, nel mio ospedale abbiamo un tipo di guardia che consiste nel lavorare 12 ore (08:00 – 20:30) per quattro giorni consecutivi (48 ore lavoro netti), seguiti poi da tre giorni di “Day Off”.
Se questa guardia, ad esempio, cade fra lunedì e giovedì, il carico di lavoro almeno fino alle 16 è dimezzato perché ci sono anche gli altri colleghi traumatologici del turno normale. Alle 15:30 poi monta il Kollege che fa la notte e in più c’è l’altro medico di guardia che fa il turno di 24 ore per le altre branche chirurgiche (generale/viscerale, toracica, urologica).
Quindi non si è mai da soli. In teoria.
Se invece questa guardia cade fra venerdì e lunedì, come per puro caso è capitato a me lo scorso weekend, ecco che il carico di lavoro almeno raddoppia, perché dal mattino fino a che non arriva il collega del turno di notte si è da soli e occorre:

  • fare prelievi (le infermiere in Germania non possono fare “manovre invasive”, tranne le infermiere specializzate, che lavorano solo dal lunedì al venerdì);
  • cambiare i bendaggi;
  • inserire ago cannule e cambiare il piano terapeutico;
  • parlare con gli eventuali parenti dei pazienti (al telefono o di persona);
  • ultimo ma non ultimo, occuparsi del Pronto Soccorso, il fronte vero e proprio.
    Inoltre qui bisogna occuparsi, nel weekend:
  • del reparto di pre-riabilitazione (vi vengono spediti i pazienti qualche giorno dopo essere stati operati per iniziare la riabilitazione);
  • del reparto periferico (si tratta di pazienti che sono “per metà” traumatologici e perciò sono dislocati su altri piani per gestire al meglio le loro altre comorbidità);
  • di consulenze di vario tipo da parte di altri reparti o ospedali;
  • Varie ed eventuali.

È proprio su quest’ultimo punto che vorrei concentrarmi.

Alpinismo e Medicina hanno vari punti in comune

Le mie “Varie ed eventuali” di questo weekend sono state:

  • Parlare con i parenti di una paziente privata i quali, siccome avevano letto su Google di un nuovo tipo di sistema terapeutico per gestire il dolore, mi hanno “ordinato” (!) di cambiare l’organizzazione generale delle medicine (?). Sui pazienti privati e sui loro dolcissimi parenti dedicherò un post a parte.
  • Persone di qualsiasi età che cadono in qualsiasi maniera e in qualsiasi modo in qualunque momento del giorno o della notte e sbattono al 90% la testa. Ma dove vanno se è tutto chiuso e piove sempre?
  • Ustioni di vario genere su pazienti di ogni età, con annesso trovare un centro ustioni, chiedere se cortesemente hanno un letto libero e, previa conferma, trasferire il paziente in elicottero, cosa possibile SE, E SOLO SE, il paziente ha un ago cannula.
  • Il collega del turno di 24 ore (generale, toracico, urologico…vi ricordate?) è stato avvisato dal padre di un compagnetto del figlio che nel suo asilo è stato riscontrato un bambino positivo. Di conseguenza il collega ha fatto il tampone (anche al figlio) e nell’attesa del risultato non poteva fare nulla. Ergo, dovevo occuparmi io dei suoi pazienti. Dopo quattro ore di attesa in cui si è scoperto che sia lui che il figlio erano negativi, si è chiuso in sala operatoria per altre quattro ore. Potete immaginare il mio stato d’animo.
  • Leggere ad alta voce il referto radiologico di un paziente che era stato ricoverato da noi ma che in quel momento aveva avuto un incidente grave con la moto ed era stato ricoverato in un ospedale dall’altra parte della Germania dove né la risonanza né la TAC funzionavano bene. Allo stesso tempo l’Arzthelferin mi avvisava che nel giro di 10 minuti sarebbero arrivati due politraumi e che dovevo attivare lo Schockraum.
  • Lussazioni di Anca in paziente giovanissima, con annesso scazzo fra anestesista e infermiera sui moduli da stampare e scazzo fra le infermiere stesse su chi mi doveva assistere per i raggi post-riposizione (?).
  • Gli inesorabili ricoveri a fine turno. Con “inesorabili” ho già detto tutto!!!

P.s. sì, la verità è che sono anch’io un po’ imbruttito:

A presto,
Gian Marco

Racconti dalla Trincea – I figli… so’ pezzi ‘e core

Domenica, Spätdienst (15:30 – 08:00). Come sempre, ultimamente.

Appena monto, mi accorgo subito che non è una bella giornata: ci sono tre pazienti che devono essere dimessi, ma nessuno dei miei colleghi ha scritto le Entlassungsbriefe.

Mi metto subito al lavoro e, non appena ho ultimato di stampare le suddette lettere, vengo chiamato in ZNA (“Zentrale Notaufnahme”, cioè il Pronto Soccorso).

Ultimamente i pazienti sono molti di più, complice il parziale “liberi tutti” da parte del governo tedesco.

Devo dire che sono anche diminuiti i pazienti con sintomi riconducibili al Coronavirus, anche se si devono ancora vedere gli effetti del post “Lockdown” anche qui. Staremo a vedere.

In ogni caso, si lavora come sempre senza sosta fino alle 23, allorché riesco ad andare nella stanza di guardia per lavarmi la faccia e rifocillarmi un po’.

Tutto tranquillo fino alle due e trenta, quando vengo chiamato per un “bambino con dolori al braccio”.

Mi rimetto velocemente il camice e nel frattempo il mio sistema nervoso/sistema operativo si riavvia dopo aver dormito mezz’ora scarsa (le infermiere del reparto chiamano sempre e per qualsiasi cosa!).

Entro nella stanza ortopedica e mi sento spiazzato.

Bambino (Bud Spencer) mentre fa il bagno (“Continuavano a chiamarlo Trinità”, 1971)

Il “bambino” era un omone di 2 metri e di circa 30 anni, affetto da autismo e con un braccio spastico a causa di una vecchia lesione. È accompagnato dalla madre, che in confronto a lui sembra una donnina piccolissima.

Proprio lei mi racconta cos’è successo: tutta la sera suo figlio aveva fatto i capricci nel non andare a dormire perché aveva proprio dolore al braccio lesionato.

Facendomi aiutare da lei e dall’infermiera, riusciamo a circoscrivere il dolore alla mano, in particolare proprio alla base. Nonostante la visita e noi persone estranee, l’Omone è molto collaborativo.

Dopo diverse prove e manovre, la parte interessata non risulta dolorante alla pressione o alla percussione.

La madre è basita, perché certa di quello che diceva, ma anche lei ha dovuto constatare il fatto che il figlio non avesse alcunché.

“Senza sapere né leggere né scrivere”, come diciamo da noi in Sicilia, faccio comunque un bendaggio con pomata. Nel mentre l’infermiera di turno, sicuramente troppo stanca e non avendo dormito, ammonisce in maniera un po’ pesante la madre, sostenendo che queste non sono emergenze, che era evidente che il figlio stava facendo i capricci e che in ogni caso poteva aspettare fino all’indomani dove erano presenti tutti i medici, dal Primario in giù.

A quelle parole la madre si sente tremendamente imbarazzata e si mette a piangere.

Ammonendo con lo sguardo l’infermiera, mi avvicino alla signora e le dico: “non si preoccupi, lei non lo poteva sapere, probabilmente suo figlio ha avuto un incubo riguardo l’incidente che ha subito e lei, avendo il dubbio che potesse essere un’altra complicazione, giustamente l’ha portato qui. Per me, quando un problema riguarda i figli, è sempre un’emergenza”.

Allora lei mi guarda e mi rivolge un sorriso “da madre”, uno di quelli che ti scioglie il cuore.

L’infermiera stressata si scusa immediatamente con lei per le parole e il tono usato, ma la madre, da vera signora, la interrompe, dicendo di capire che cosa intendesse dire prima.

Poi ci saluta con affetto e prende sottobraccio il figlio; così ritornano a casa, sperando – credo – che questa volta il suo Omone possa dormire sonni tranquilli.

P.S. ovviamente, in seguito al mio “Sguardo Ammonente”, non vengo più chiamato dalla suddetta infermiera e riesco finalmente a dormire un paio d’ore! 😊 Siccome però “non c’è pace per i dannati”, la notte di veglia continua.

Gian Marco

Racconti dalla Trincea – il vecchio Keglevich

Domenica, Spätdienst (15:30 – 08:00).

Senza aver avuto neppure un momento di pausa a causa dei vari pazienti che si sono schiantati in moto o in bici (qui è molto comune) verso le due arriva con il Rettungsdienst un paziente 80enne.

I colleghi paramedici ci sanno dire molto poco al riguardo: hanno ricevuto una segnalazione dai vicini che il signore era caduto battendo la testa e sono andati a prenderlo per portarlo da noi per accertamenti.

Di più non si sa.

Anzi, sì: il signor Keglevich (chi è esperto di alcolici, sa a che cosa mi riferisco) parla solo russo.

Dopo che i due colleghi se ne sono andati, comincio la solita routine: apro il programma di gestione sanitaria e comincio a visitare il paziente, mentre l’infermiera prova a misurare la temperatura e gli altri parametri vitali.

Il problema è che non solo il tipo parla russo, ma mena! E pure di brutto! E ha una fiatella alcolica che non vi dico!

Proviamo e riproviamo, ma il signor Keglevich non vuole farsi toccare da noi. Decide quindi di mettersi su un fianco e, di colpo, comincia a ronfare sonoramente.

Dato che siamo in periodo di guerra e non ho intenzione di rubare altro tempo ai pazienti che ho già e a quelli che possono arrivare, con solerzia cerchiamo e contattiamo il Betreur (“Tutore legale”) del signor Keglevich, cioè una figura incaricata dal tribunale che fa l’interesse del paziente. Può essere un parente o una persona del tutto estranea alla famiglia, il punto è che decide per lui.

In questo caso è il figlio: è lui che ha chiamato l’ambulanza avvisato dai vicini.

Gli chiediamo di venire immediatamente in pronto soccorso dato che non riusciamo a fare alcun tipo di manovra su suo padre.

Mentre lo aspettiamo, io e l’infermiera che ha il turno di notte con me cerchiamo di smaltire un po’ di roba burocratica di questo e di altri pazienti.

Nel frattempo ci sono state anche un paio di emergenze Covid, che comportano:

  1. Disinfezione personale
  2. Vestizione mia e dell’infermiera
  3. Visita e prelievo di sangue sull’ambulanza
  4. Svestizione
  5. Nuova disinfezione personale
  6. Prenotare al computer una TAC ai polmoni
  7. Inoltrare il paziente al reparto internistico, avvisando al contempo il collega di lì che ha il turno notturno.

Tempo totale: 40 minuti, se si è veloci e non ci sono problemi

Dopo aver finito di aver dimesso l’ennesimo ubriaco, cucito il braccio di un tipo che ha deciso di darsi al bricolage ed essere salito un momento in reparto per inserire un catetere venoso periferico in una paziente senza vene, si palesa finalmente Keglevich Junior.

Nemmeno lui sa cosa sia successo, era stato chiamato dai vicini a causa dei forti odori (!) e dal rumore della caduta.

Col suo aiuto riusciamo finalmente a prendere i parametri principali del padre e a visitarlo: è illeso, nemmeno una contusione o un banale bernoccolo. Probabilmente avrà solo bevuto molto e nell’andare in bagno si è accasciato e si è addormentato per terra (!!!).

Da protocollo, in caso di sospetta commozione cerebrale, il paziente dovrebbe rimanere in osservazione da noi per almeno 24 ore ed essere sottoposto ad altri controlli.

Dato però che:

  • Era completamente illeso e non prendeva anticoagulanti
  • Era abbastanza non cooperativo e molto aggressivo
  • Sia i viceprimari, sia soprattutto le infermiere del reparto non avrebbero voluto avere allettato un paziente simile (i primi per motivi economici e di spazio, le seconde per motivi di convivenza con gli altri pazienti)

dico a Keglevich Junior:

“Lei abita con suo padre?”

KJ: “Sì”

Io: “Bene. Stanotte rimanga con lui. LO SVEGLI OGNI ORA per controllare che stia bene. Se non nota problemi, ottimo. Se dovessero invece sorgere complicazioni di tipo neurologico ad esempio, contatti l’ambulanza e LO INVII AL CENTRO NEUROCHIRURGICO REGIONALE. Ha capito?”

KJ: “O-Ok!”

Firmo al volo la lettera di dimissioni e via, i Keglevich ritornano a casa.

L’infermiera di turno: “Stanotte hai salvato le vite di tutte noi! Cosa possiamo fare per sdebitarci?”

Io: “Le prossime tre ore vorrei dormire, qua per adesso ho finito”.

Lei: “Sarà fatto!”

Vado verso la stanza del chirurgo di guardia.

Entro, mi tolgo le scarpe.

Mi distendo.

Dopo 20 minuti, squilla un telefono. Non è però il mio.

È quello dell’altro collega chirurgico.

Sarà una lunga notte anche per lui.

Gian Marco

Come va? Come stai? Qual è lo stato attuale delle cose da voi?

Queste sono le domande che mi vengono rivolte quotidianamente attraverso i messaggini che mi arrivano ogni giorno dall’Italia e da altre parti del mondo da amici, parenti, conoscenti e abitatori vari del “villaggio globale”.

Purtroppo ho avuto pochissimo tempo, specialmente nell’ultimo periodo, tuttavia adesso tenterò di ricucire il filo del “mio” discorso passato.

Da quest’anno sono ritornato “definitivamente” in traumatologia (salvo eventuali problemi socioeconomici tedeschi, quindi incrociamo le dita). Ho ruotato un’altra volta e adesso esercito in un ospedale distante un’ora da dove vivo. In Sicilia non sarebbe possibile fare il pendolare con due treni, ma qui per fortuna i mezzi pubblici funzionano in modo soddisfacente (anche con qualche tromba d’aria di troppo!).

Klein Schockraum, riesige Probleme!

In questa clinica mi sto trovando molto bene. Certo, si lavora molto come sempre, però si sa, quando fai una cosa che ti piace la stanchezza di sente meno! In questo periodo poi si lavora anche più di prima a causa del Covid-19 e quindi siamo entrati da un paio di settimane in uno stato di crisi.

Ciò significa:

  • tutte le operazioni programmate sono state spostate o sospese,
  • sì operano solo i casi urgenti che arrivano col RTW (Rettungswagen, l’ambulanza)
  • si gestiscono i pazienti affetti da Coronavirus.

Dato che siamo in un vero e proprio stato di guerra, dobbiamo gestire TUTTE LE TIPOLOGIE di pazienti che arrivano in pronto soccorso, cioè anche quelli che normalmente non sarebbero di nostra competenza dato che il mio è un ospedale prettamente chirurgico.

Ovviamente adottiamo tutte le misure necessarie e l’Istituto di Igiene Regionale ci dà una mano ogni volta che può, ma le linee guida vengono aggiornate almeno 2 volte al giorno e se hai avuto magari una guardia domenica con un riposo al lunedì, martedì al rientro ci sono nuove strategie da adottare.

Insomma, bisogna fare di necessità virtù, adattarsi e in ogni caso raggiungere lo scopo. Chiaramente stiamo vivendo in un periodo particolarissimo, molti lo definiscono “epocale”, per cui i turni di lavoro non si misurano più ad ore bensì dalla capacità di resistere, “sotto pressione” sia psichica che fisica. Nessuno guarda più l’orologio! Vai avanti finché ce la fai a stare in piedi. Quindi la risposta che mi sento di dare alla domanda iniziale è: Quando finirà questo stato di cose? Comunque sono convinto che ce la faremo!

Gian Marco

La prima notte: 8 suggerimenti per principianti

“Non c’è pace per i dannati”.

Questo è quello che dice il dr. Mark Greene al giovane dr. Carter, quando vedono arrivare l’ennesimo ricovero alle 5 del mattino.

Dopo più di vent’anni (ammazza come passa il tempo!) dalla prima puntata di quella serie culto anni ’90, devo ammettere che il dr. Greene aveva pienamente ragione. Non appena si finisce di scrivere un’anamnesi e pensi “mo’ vado un attimo al bagno”, si presenta subito un altro ricovero.

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Dato che ci siamo passati un po’ tutti ma alcuni hanno appena incominciato la specializzazione nelle terra di Jürgen “Pantegana bionda” Klinsmann, ho pensato di stilare una lista di suggerimenti che potrebbero essere utili.

  • Conoscere (i pazienti) e farsi conoscere (dal personale).

Una delle prime cose da fare è cercare di stabilire un buon rapporto con il personale sanitario. Sembra una banalità, invece è il perno di tutto il nostro lavoro in ospedale. Aiuta anche sapere chi è stato ricoverato recentemente, dato che il diensthabender Arzt (cioè il medico che ha il turno) molto spesso il giorno prima ha avuto il recupero. Quindi se, ad esempio, la paziente XY non riesce a dormire bene negli ultimi giorni e i medici dei turni precedenti le hanno sempre dato un determinato sonnifero a causa di particolari interazioni o controindicazioni, fatelo cortesemente notare all’infermiera del reparto, in modo che non vi chiami alle due e mezza del mattino facendovi allarmare per niente.

  • Il Piepser o “Telefonino della Morte”

Sarà il vostro nemico più odiato. Portatelo sempre con voi. Non smetterà di suonare. Durante la notte, un semplice squillo può sembrare una tromba infernale. Per fortuna si può regolare il volume.

Un episodio abbastanza significativo.

Un giorno venne assunto un giovane Facharzt (cioè un medico appena specializzato) e, siccome si porgeva in un modo abbastanza sgarbato anche per gli standard tedeschi, le infermiere gli fecero capire “come si sta al mondo”. Durante la prima notte di guardia, il povero malcapitato venne svegliato ad intervalli regolari di 20 minuti e per i motivi più assurdi.

Due giorni dopo si è scusato con tutto il personale.

  • Conoscere i numeri più importanti

In genere c’è sempre un elenco con i numeri di telefono “da sapere” in reparto. Se non c’è, createvelo.

Gli “Indispensabili”: Station, Zentral Notaufnahme, Radiologia, Internista e Anestesista di turno.

  • Avere ben chiara la “catena burocratica

Purtroppo cambia da reparto in reparto. Cercate di avere ben chiaro su come si possa richiedere un particolare tipo di esame (EKG, CT, usw.), dove si trovano i vari strumenti e a chi chiedere un particolare consulto. Arriverete al punto di comprendere perfettamente tutto il meccanismo, ma solo quando, improvvisamente, la direzione deciderà di semplificare la burocrazia, adottando nuovi moduli e programmi e gettandovi di nuovo nella confusione.

Che cosa dicevamo sui dannati?

  • Notizbuch e compendi

Annotatevi sul vostro taccuino le patologie e le emergenze più importanti in ordine di frequenza. Naturalmente allegateci anche le procedure diagnostiche e la dose dei farmaci. Credetemi, vi aiuterà tantissimo.

Di compendi ce ne sono decine e di tutti i gusti. I più usati sono i libri della serie Checklist, suddivise per singola specialità, ed i Klinikleitfaden della Elsevier.

  • Stabilire le priorità

Le emergenze non arrivano mai da sole, anzi spesso e volentieri si alternano momenti di fiacca a “catastrofi” vere e proprie. Cercate di mantenere la calma e di dare una priorità agli eventi, dando spazio ai pazienti che necessitano subito un vostro aiuto. Serve anche per non giocarvi la “carta Oberarzt” troppo presto!

  • “Nicht verzagen, Oberarzt fragen”

Ovvero “non avvilirsi, chiedete al medico capo”. All’inizio si è sempre insicuri e agitati, è del tutto normale, soprattutto all’inizio. L’importante è avere ben chiaro il quadro da presentare al vostro Ober e sapere cosa chiedere. Quest’ultima abilità vi verrà naturale con l’esperienza.

E un “cazziatone” scapperà prima o poi, quindi rassegnatevi.

Vi ho già detto dei dannati, giusto?

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  • Ultimo ma non per ultimo: pensate alla vostra salute

Il nostro è un lavoro che comporta una spesa non indifferente di energie fisiche e mentali.

Prima e dopo il turno dovete assolutamente riposarvi, non sapete se e quando vi potrete distendere in ospedale e non si sa se il giorno dopo c’è un turno da coprire.

Cercate di mangiare bene, di bere molto e di portarvi durante il turno qualcosa di leggero da sgranocchiare. Personalmente, se mangio “all’italiana”, mi sopraggiunge sempre una fase post- prandiale caratterizzata da un abbiocco assurdo e voglia di zibibbo.

Infine, il consiglio supremo è sempre lo stesso:

Per imparare qualcosa, bisogna farla!

Perciò alla domanda “Ma come si fa il turno di notte?” la risposta è “facendo la notte!!!”

Gian Marco

P.s.

P.s. “No rest for the wicked” è anche una splendida canzone di Lykke Li: